Anche Tesla è entrata a far parte del lungo elenco di aziende oggetto nel corso degli ultimi mesi di attacco ransomware.
L’attacco, però, come del resto confermato da fonti interne, è stato sventato grazie all’operato di un dipendente di Tesla, il quale era stato contattato per fungere da cavallo di Troia per l’operazione.
Tesla: cosa è accaduto
La vicenda ha avuto luogo poco dopo la metà di agosto, quando un dipendente del marchio automobilistico guidato da Elon Musk è stato contattato per infettare i sistemi informatici aziendali.
L’uomo, però, invece di portare a termine l’operazione richiesta, ha denunciato il contatto ai vertici aziendali. Permettendo in tal modo di approntare le contromosse che hanno permesso di sventare l’attacco, con la collaborazione dell’FBI.
Arrestato un cittadino russo
Nelle indagini successive, il Federal Bureau of Investigation ha individuato un cittadino russo, Egor Igorevich Kriuchkov.
Il quale rischia ora una pena detentiva sino a cinque anni, quella spettante a chi si rende autore di atti di pirateria informatica con lo scopo di riscuotere un riscatto.
Resta naturalmente da capire se l’uomo sia effettivamente il responsabile dell’attacco e se lo abbia portato avanti da solo.
Tesla: Elon Musk e l’attacco hacking di luglio
Per Elon Musk non si tratta di una novità assoluta, considerato quanto accaduto nel corso del mese di luglio. Quando una lunga serie di profili Twitter, tra cui il suo, erano stati hackerati per montare una truffa.
In pratica gli hacker avevano preso il controllo di centinaia di profili di VIP, affermando di essere pronti ad restituire il doppio dei Bitcoin inviati ad alcuni indirizzi da essi indicati.
Una truffa clamorosa proprio per la notorietà delle persone coinvolte, tra cui molti nomi altisonanti del mondo della politica, dello spettacolo e dell’economia.
Il ransomware continua a dilagare
Nel caso in questione l’attacco era però del genere etichettato come ransomware, consistente quindi nel blocco dei sistemi informatici delle vittime.
Le quali, al fine di poter tornare in possesso dei dati criptati, devono versare un riscatto sotto forma di Bitcoin o altra moneta virtuale.
Attacchi di questo genere sono letteralmente dilagati dopo il lockdown conseguente alla pandemia di Covid-19. Per cercare di contenerne gli effetti, infatti, le autorità hanno deciso di puntare sul lavoro da casa.
Una modalità la quale ha però ispirato gli hacker, spingendoli a dare vita ad una strategia sempre più aggressiva. Con le aziende, soprattutto quelle sanitarie, tra le principali vittime degli attacchi messi in campo.
Una tendenza che peraltro continua a crescere d’intensità, destando notevole preoccupazione nella autorità, anche a causa dei comportamenti imprudenti che favoriscono l’hacking.