L’Argentina cerca di reprimere il Bitcoin

L’Argentina è di nuovo alle prese con grandi difficoltà di carattere economico. Le ricette neoliberiste di Mauricio Macrì non hanno funzionato, anzi, e ora Buenos Aires si trova di nuovo a fare i conti con l’impossibilità di pagare i propri creditori, ovverosia coloro che hanno sottoscritto il suo debito pubblico.

In questo bailamme, il peso continua ad affondare, giorno dopo giorno, costringendo gli argentini a cercare di rifornirsi di dollari e altra valuta in grado di contrastare livelli di inflazione troppo alti.

Anche il Bitcoin è tra le alternative

Tra le possibili alternative ad una moneta sovrana che non riesce a garantire potere d’acquisto, c’è anche il Bitcoin.

Sono infatti sempre di più i cittadini i quali,appena entrati in possesso di stipendi e pensioni, provvedono a scambiare i pesos in moneta digitale che, per quanto volatile, riesce a reggere meglio all’inflazione galoppante.

Una tendenza che, però, ora il governo sta cercando di sconfiggere.

I provvedimenti del governo

Secondo un rapporto del quotidiano argentino El Cronista, la Financial Information Unit (FIU), un’agenzia governativa che controlla il rispetto delle leggi antiriciclaggio, sta provando a mettere in atto controlli più rigorosi sul trading di criptovaluta sempre più fiorente all’interno del Paese.

La motivazione ufficiale è il contrasto alle operazioni di riciclaggio, ma lo stesso quotidiano sembra avvalorare la versione che vede in questa operazione un tentativo di sostenere la moneta sovrana.

La vera ratio delle operazioni

E’ stato Franco Amati, fondatore del Centro Bitcoin di Buenos Aires, a spiegare come in realtà la motivazione di fondo la quale ispira questo genere di operazioni è da ricercare nel fatto che il governo argentino sta essenzialmente cercando di impedire alla pratica dei cittadini di acquistare Bitcoin con pesos argentini e di convertire in seguito i token in dollari USA.

Mentre secondo un noto trader di criptovalute, l’analista David Battaglia, si tratterebbe nulla di più di un tentativo del governo di provare a raschiare il fondo del barile, andando a confiscare per questa via la poca ricchezza rimasta agli argentini.

Se l’eredità lasciata dal neoliberismo di Macrì rischia di pesare per molto tempo ancora, il nuovo governo dovrebbe però provare strade alternative per cercare di raddrizzare la situazione.

La conversione di pesos in Bitcoin, e nella stablecoin DAI, (molto popolare a Buenos Aires e dintorni), sembra infatti in questo momento l’unico modo per resistere ad una situazione estremamente complicata per le classi popolari a reddito fisso.

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