Il governo cinese abbassa il costo dell’elettricità per il mining di BTC

Il momento non proprio felice per i minatori di BTC, starebbe spingendo il governo cinese ad adottare un provvedimento teso a favorire in particolare quelli che operano nel Sichuan.
Proprio al fine di supportare le mining farm di stanza in quella regione, Pechino avrebbe infatti deciso di abbassare il prezzo dell’elettricità riservata all’attività di calcolo di BTC e Altcoin.

Il motivo della decisione

La mossa del governo cinese ha naturalmente spinto gli analisti a chiedersi il motivo di essa. Tra le ipotesi più plausibili ci sarebbe la necessità di preservare un settore evidentemente considerato con attenzione.
La risposta delle autorità cinesi sembra rivolta in particolare a Mao Shixing, il fondatore di F2pool, il quale aveva affermato nel corso di una recente intervista che circa un decimo dei miners di Bitcoin del Sichuan, ovvero 60mila addetti, erano stati costretti a gettare la spugna, nelle settimane passate, trovando ormai non più remunerativo il proseguimento delle attività.

Un andamento ancora molto contrastato

A riferire le intenzioni del governo cinese è stato Joseph Yang, giornalista noto per le sue cronache dal mondo della crittografia, sul suo profilo Twitter.
Secondo lui Pechino lo avrebbe fatto anche in considerazione dell’approssimarsi della stagione delle piogge nel Sichuan, la quale agevolerebbe la possibilità di abbassare i prezzi legati all’elettricità.
Una mossa che permetterebbe in particolare ai miners di affrontare senza eccessiva apprensione il periodo che sta precedendo l’halving di Bitcoin. Un momento in cui i livelli di resistenza a quota 7mila dollari continuano a rappresentare un freno alla crescita del prezzo e a deludere le attese degli investitori meno pazienti.

Cosa sta accadendo?

Il momento è abbastanza particolare, per la regina delle criptovalute. La resistenza incontrata a quota 7mila dollari, la quale sta in pratica inchiodando da alcuni giorni il token, potrebbe infine logorare i nervi di un gran numero di investitori. In particolare quelli di circa un milione e mezzo di essi che, secondo alcuni osservatori, sarebbero ormai pronti a vendere, per il timore di una nuova onda al ribasso.
La quale, paradossalmente, sarebbe proprio innescata da una loro decisione in tal senso. Una risoluzione che non sembra poter essere frenata neanche dall’approssimarsi del 13 maggio, la data in cui il dimezzamento delle ricompense spettanti ai minatori dovrebbe diventare ufficiale, con il conseguimento del blocco numero 630mila.
Non resta quindi che attendere gli ulteriori sviluppi di una situazione densa di incognite, nella quale conterà molto anche la tenuta nervosa dei trader.