Nella passata settimana si erano rincorse le voci in base alle quali l’Isis farebbe ricorso al Bitcoin per movimentare risorse al fine di alimentare le sue attività terroristiche.
Una serie di rumors i quali sembravano fatti apposta per rinvigorire le accuse alla criptovaluta attribuita a Satoshi Nakamoto, indicata spesso in passato come strumento ideale per attività di carattere criminale e terroristico.
Chainalysis smentisce le voci
E’ stata Chainalysis ad incaricarsi di smentire le voci in proposito.
Una smentita che vale molto, proprio in considerazione del fatto che l’azienda è partner investigativo attendibile per i governi di tutto il mondo.
Un ruolo che è stato ricordato proprio in uno studio fatto al proposito, nel quale Chainalysis afferma che questo genere di voci, spesso incontrollate, possono causare danni di non poco conto ad aziende che operano nel settore crittografico.
In particolare l’azienda ha ricordato che è fondamentale essere responsabili e oculati quando si rilasciano informazioni su un argomento tanto importante quanto il finanziamento del terrorismo.
Cosa era accaduto
Il riferimento è ad una serie di articoli che sono stati pubblicati la scorsa settimana, secondo i quali il presunto bottino di guerra da 300 milioni di dollari dell’ISIS sarebbe stato trasferito in Bitcoin (BTC).
Articoli che, dal canto loro, avevano ripreso una semplice supposizione di Hans-Jakob Schindler, numero uno del think-tank Counter Extremism Project, il quale aveva semplicemente supposto che le criptovalute potessero essere state uno strumento per la movimentazione dei fondi.
Secondo Chainalysis la supposizione di Schindler è priva di attendibilità, in quanto nel caso in cui realmente fossero stati movimentati Bitcoin o altri token per 300 milioni di dollari, gli exchange e le piattaforme di pagamento locali ne avrebbero dovuto riportare traccia.
L’ennesima leggenda metropolitana?
Ancora una volta, quindi, Bitcoin viene citato a sproposito, sulla base di semplici supposizioni che si dimostrano alla fine nulla di più di una semplice leggenda metropolitana.
Come del resto si sono rivelate fantasiose le ricostruzioni che vorrebbero Satoshi Nakamoto dietro lo spostamento di 50 Bitcoin generati nel 2009.
Altra voce circolata nelle ultime ore e che è stata smentita da Chainalysis, oltre che da Sergio Demian Lerner, un ricercatore di Bitcoin e autore di uno studio secondo il quale il patrimonio del supposto inventore dell’icona della crittografia ammonterebbe a ben 1,1 milioni di monete virtuali.
Intanto, però, le voci su Isis contribuiscono a riportare il Bitcoin sotto accusa, indicandolo come uno strumento delle attività di carattere criminale, nonostante le tante smentite fornite nel frattempo dalla semplice realtà.