La nuova situazione dell’economia, messa in ginocchio dal ciclone coronavirus, obbliga tutti coloro che hanno soldi da investire a guardarsi intorno per individuare asset in grado di remunerare l’investimento.
Un obbligo che riguarda naturalmente anche i gestori dei fondi d’investimento, mettendoli nella necessità di scrutare l’orizzonte al fine di individuare alternative apprezzabili.
Proprio loro sembrano guardare con sempre maggiore attenzione alle monete virtuali, in particolare al Bitcoin, individuato come uno strumento di guadagno estremamente promettente.
E proprio di queste ore la notizia relativa a Paul Tudor Jones, il fondatore di Tudor Investment Corporation e settimo gestore di hedge fund più performante al mondo, il quale ha affermato di puntare con forza su Bitcoin.
Lo ha fatto all’interno di una nota che già dal titolo sembra mettere l’accento su quanto sta accadendo: “La grande inflazione monetaria”.
Secondo Tudor Jones, infatti, proprio gli stimoli all’economia messi in campo dalle banche centrali, a partire da quella degli Stati Uniti, stanno infatti ponendo le basi per una fiammata inflattiva.
Tale da consigliare a cercare asset alternativi in grado di galoppare per sfuggire all’erosione del potere d’acquisto di quelli tradizionali che sembra ormai alle porte.
Tudor Jones ha affermato la sua intenzione di limitare intorno al 10% la detenzione in future Bitcoin all’interno del suo fondo.
Si tratta però di una notizia molto importante, in quanto va a segnare una vera e propria inversione di tendenza, considerato come sino ad oggi i grandi fondi d’investimento abbiano sostanzialmente snobbato le criptovalute.
Le decisioni dei governi e delle banche centrali, però, hanno provveduto a spazzare via incrostazioni e resistenze da parte di molti, nei confronti di quel Bitcoin che sembra ormai destinato ad assumere la veste di vero e proprio bene rifugio.
C’è anche un altro aspetto da considerare con molta attenzione nelle parole di Tudor Jones.
L’uomo d’affari statunitense, infatti, già nel passato aveva investito sugli asset digitali, ma a titolo puramente personale e solo con intenti speculativi.
Stavolta, invece, Bitcoin viene indicato alla stregua di vera a propria riserva di valore, un ruolo che sembrerebbe poter contribuire a velocizzarne l’adozione di massa.
Soprattutto se, come sembra possibile, l’halving ormai alle porte facesse da propellente ad una nuova esplosione della sua quotazione.
Una eventualità che sembra assolutamente possibile, proprio in considerazione di quanto accaduto nel 2012 e quattro anni più tardi, ovvero in concomitanza con i due precedenti dimezzamenti delle ricompense spettanti ai miners.
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